Nell’era della digitalizzazione troppo spesso si pone l’accento sulle mirabolanti prestazioni offerte dalle nuove tecnologie. Non dimentichiamo però che nessun prodotto potrà mai correggere un processo sbagliato. Eh sì, purtroppo non esistono scorciatoie e ancora troppo spesso in azienda si fatica a capirlo. La trasformazione digitale ci ha travolto e ha indotto a credere che l’ampia disponibilità di soluzioni tecnologiche avrebbe magicamente risolto una serie di tipici problemi aziendali: da come i prodotti vengono concepiti e progettati a come sono costruiti, consegnati e manutenuti nel tempo (e lo stesso vale per chi eroga servizi).
Alcuni esempi: “Con questo nuovo PDM risolverò tutti i problemi in ufficio tecnico” o “finalmente con il MES collegato ai centri di lavoro la produzione andrà a gonfie vele” oppure “grazie alla Teleassistenza le mie performance sul post-vendita saranno migliori” e via dicendo.
Spesso ci capita di sentire frasi come queste e, dopo l’euforia iniziale che determina una escalation nelle aspettative, arriva il brusco risveglio e la conseguente caccia ai colpevoli: “il prodotto non funziona” o “il fornitore non capisce cosa ci serve” oppure “il fornitore non ci aiuta a capire dove sbagliamo“, ecc.
In ogni caso, pur individuando un possibile “colpevole”, questo non risolve il problema di fondo e non garantisce, da quel momento in poi, il ritorno dell’investimento. Appare quindi evidente che occorre avere molto chiaro cosa si vuole fare attraverso un investimento in nuova tecnologia: frase scontata ma vera al 100%.
Prima ancora però, bisogna ritagliarsi un momento in cui individuare i propri obiettivi e le strade attraverso cui raggiungerli, ovvero i processi da implementare: in sostanza, come vogliamo lavorare.
Sarà poi naturale confrontarsi con chi vende la tecnologia e allinearsi in maniera inequivocabile sull’equazione “desiderata/aspettative = soluzioni proposte”.
Dal punto di vista del management il “come vogliamo lavorare” rientra nella sfera dell’organizzazione aziendale; quindi, da una parte abbiamo le promesse della digitalizzazione, dall’altro dobbiamo intervenire sull’organizzazione.
Il legame tra questi due ambiti è rappresentato dai processi: occorre prima identificarli, successivamente mapparli e, infine, digitalizzarli. L’obiettivo finale della mappatura dei processi aziendali è far sì che l’insieme risulti coerente sia verso l’organizzazione interna che verso l’esterno della organizzazione (ovvero verso fornitori e clienti).
Vorrei aprire una parentesi su questo ultimo passaggio perché si tratta di un pillar di Industria 4.0 che si rischia di dimenticare; infatti, attraverso l’adozione sempre più diffusa di tecnologie interconnesse (sia in modo verticale, cioè all’interno dell’azienda, che orizzontale, ovvero a monte e a valle della stessa), è possibile analizzare grandi quantità di dati e creare sistemi “aperti” per la loro condivisione in tempo reale. Questo consentirà la digitalizzazione e l’integrazione lungo tutta la catena del valore, al fine di creare un flusso sempre più automatizzato. Lo scopo finale è ottenere un risparmio lungo tutto il processo produttivo ed un aumento di valore del prodotto per il cliente. Chiusa parentesi.
Torniamo alla necessità di avere sotto controllo i processi aziendali innanzitutto attraverso una loro chiara identificazione e, dunque, ad una mappatura.
In questo, le metodologie del management ci vengono in aiuto: il Business Process Management (BPM) ha lo scopo di aumentare le performance aziendali attraverso una gestione efficace ed efficiente di tutti i processi aziendali; sia quelli operativi che quelli di supporto.
Senza necessariamente voler scrivere un trattato sulla mappatura dei processi aziendali, ci basti sapere che possiamo definirla come un insieme strutturato di attività correlate al fine di trasformare gli input in output; questi ultimi verranno poi utilizzati dai destinatari dei processi stessi ovvero dai clienti interni all’organizzazione e da quelli esterni.
Il BPM si focalizza principalmente sui clienti e, quindi, sugli output del processo. Lavora sulla velocità dei processi (efficienza), sulla qualità delle informazioni che transitano lungo il processo in termini di completezza e correttezza (efficacia) ottimizzando le risorse impiegate (costi).
Per chiarire ancora meglio i concetti espressi in questo articolo, mappare i processi aziendali prevede una dimensione organizzativa che deve necessariamente integrare la dimensione tecnologica. Pertanto è cruciale il ruolo dell’Information Technology che risulta essere un fattore abilitante del cambiamento organizzativo in quanto permette l’ottimizzazione, l’informatizzazione e, in certi casi, l’automazione dei processi.
Ci auguriamo di avere chiarito quanto sia importante mappare i processi aziendali. Non ci resta che capire come farlo utilizzando la metodologia del Business Process Management.
Resta sintonizzato sul nostro blog perché a breve verrà pubblicata la seconda parte dell’articolo (Mappatura dei processi aziendali: come farla con il BPM) nel quale approfondiremo questi aspetti.
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