Non sempre il contesto generale in cui si trovano ad operare le aziende è semplice da interpretare. Alle volte la velocità dei cambiamenti non lascia nemmeno il tempo per valutare se si è in grado di affrontarli. Cosa fare allora per tenere il passo coi tempi? Proviamo a dare delle risposte, partendo da un’analisi della situazione attuale.
Da tempo ormai operiamo in un contesto sempre più dinamico dove ciò che pensiamo oggi rischia di essere già vecchio domani, anche solo per la mancanza di tempo per realizzare le idee che mettiamo sul tavolo.
I continui cambiamenti politici, sociali, economici e tecnologici stanno mettendo a rischio le organizzazioni che non sono in grado di adeguarsi velocemente: ecco perché parliamo di trasformazione continua. I vantaggi competitivi che fino a pochi anni fa ci permettevano di impostare programmi almeno di medio termine, oggi rischiano di sgretolarsi in men che non si dica.
Ma perché ci troviamo in questa situazione? Da cosa dipende?
Capire le cause ci dà una chiave di lettura della realtà e stimola sicuramente riflessioni e contromisure. La velocità che tutti noi percepiamo non ci fa sentire più al sicuro; in gergo tecnico si sente dire che “sono a rischio le nostre zone di confort”.
Il contesto è quindi sempre più volatile. La volatilità è appunto collegata all’incertezza che, a sua volta, è collegata alla grande quantità di informazioni che dobbiamo gestire quotidianamente e che generano un overload di dati nelle nostre teste. Siamo arrivati al punto che facciamo fatica a discriminare ciò che è attendibile da quello che non lo è.
Se a questi due scenari aggiungiamo lo sviluppo tecnologico, che rappresenta un fattore che accelera la velocità delle informazioni rendendo più impegnativo il processo decisionale, allora si capisce come si percepisca spesso un aumento del senso di complessità.
È vero che la tecnologia facilita la globalizzazione; tuttavia essa si porta dietro l’esigenza di interazione con altre culture che, ovviamente, devono essere comprese (il concetto vale anche tra generazioni diverse di persone appartenenti alla stessa cultura). Sottovalutare questo aspetto crea ambiguità e quindi problemi.
Ma perché allora sta avvenendo tutto questo?
Un dato di fatto è che stanno cambiando le regole del modello industriale basato sul principio della riduzione del costo unitario del prodotto attraverso l’aumento dei volumi. Se ci pensiamo questo modello si focalizza soprattutto sulla ottimizzazione dei costi favorendo fenomeni quali la mass production (produzione di massa), la delocalizzazione e l’automazione industriale.
Oggi il modello della mass production è sempre meno sostenibile a causa del clima di insicurezza relativamente ai volumi di vendita e alla forte differenziazione delle esigenze e delle aspettative dei clienti che desiderano personalizzare sempre più prodotti e soluzioni con effetto diretto sulla frammentazione della domanda. Per ogni tipo di organizzazione, questa esigenza di forte personalizzazione si traduce in una maggiore ampiezza di gamma con conseguente riduzione della domanda di ogni bene.
L’attenzione si sta quindi spostando dalle economie di scala e dalla riduzione del costo del lavoro, alla flessibilità e alla customizzazione di prodotti e servizi, come principale fonte di valore aggiunto ed elemento di competitività. Ad esempio, questo cambiamento è già in atto da diverso tempo nei comparti industriali caratterizzati da prodotti con elevato valore commerciale e vita utile.
Quali le contromisure da adottare?
Qui la risposta non è semplice, ma proviamo ad offrire una nostra chiave di lettura per soddisfare questa tendenza che prende il nome di mass customization.
Analizziamo questa immagine:
Innanzitutto, all’interno della mass customization possiamo riscontrare due tipi di tendenza: una push che indentifica un approccio più proattivo dell’azienda al mercato e un altro di tipo pull, ovvero di richieste provenienti dal mercato e che l’azienda deve soddisfare.
Da un lato il mercato è orientato verso soluzioni sempre più customizzate, dall’altro l’azienda deve adeguare necessariamente la propria offerta per andare incontro alle esigenze dei clienti.
L’offerta deve puntare a soddisfare soggetti molto precisi: ecco che diventa importante la segmentazione analitica dei clienti e delle loro esigenze, come anche una elevata flessibilità organizzativa per far fronte alle richieste sempre più personalizzate.
Offrire soluzioni su misura d’altra parte richiede processi altamente ottimizzati: non è accettabile nessun tipo di spreco, ogni errore rischia di costare caro e impattare seriamente sulle marginalità.
Offerta di soluzioni custom e processi ottimizzati da una parte, flessibilità organizzativa e segmentazione analitica dei clienti dall’altra sono aspetti che possono essere gestiti solo grazie alla disponibilità di dati e quindi di informazioni che facilitino i processi decisionali.
Dati e informazioni diventano quindi il vero patrimonio su cui perseguire dinamicamente il vantaggio competitivo. La disponibilità di dati e informazioni continue è garantita oggi solo attraverso la digitalizzazione di prodotti e processi.
Ecco allora che la digitalizzazione può rappresentare la soluzione per gestire i cambiamenti continui del mercato: dall’aumento della competitività alla volatilità della domanda, dall’esigenza di maggiore flessibilità produttiva alla frammentazione della slupply chain.
Ma attenzione a non sottovalutare il fatto che esiste comunque un limite alla customizzazione dei prodotti; non è un caso infatti che unitamente alla digitalizzazione un altro forte trend è quello della vendita dei prodotti attraverso i servizi. La ragione è semplice: il servizio si presta meglio a soddisfare esigenze di personalizzazione rispetto al prodotto (dell’argomento abbiamo già parlato nell’articolo Servitization: quando il servizio è più importante del prodotto).
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