Il concetto di KPI è spesso ricorrente nel linguaggio aziendale: su articoli che leggiamo, in incontri o riunioni a cui partecipiamo, con persone e colleghi con cui dialoghiamo. Tuttavia, non sempre ai più risulta chiaro il loro significato intrinseco. In effetti, la declinazione “Key Performance Indicators” o se vogliamo in italiano “Indicatori Chiave di Prestazione” può essere interpretata in più modi. Qualcuno ha definito i KPI aziendali degli indici di monitoraggio dell’andamento aziendale. Ma anche questa definizione, un po’ generalista, non pare essere esauriente.

La misurazione delle performance si basa sull’assunto che le decisioni aziendali debbano essere prese sulla base di un sistema strutturato che permetta la raccolta, l’analisi e l’interpretazione di dati. L’impostazione tradizionale prevede la misurazione su quattro prospettive:

  • del cliente
  • economico-finanziaria
  • di gestione dei processi
  • dello sviluppo futuro

Lo scopo principale è quello di misurare il grado di raggiungimento degli obbiettivi aziendali attraverso singole misurazioni.

Nel tempo sono stati sviluppati vari modelli per raggiungere questo obbiettivo (Balanced Scoreland - Kaplan e Norton, 1996; Performance Prism - Neely e Kennerley, 2002) di cui alcuni specifici per la Supply Chain (Caplice e Sheffi, 1994; Ploos Van Amstel e d’Hert, 1996; Progetto BRAVO - Van Doorseland ed altri, 1998), lasciando ad un livello più alto due tipologie di indicatori:

  • Benchmarking: si parla di KPI per confrontare l’azienda con altre del medesimo settore nei parametri fondamentali;
  • Finanziari/Economici: i KPI rappresentano dei driver economici da monitorare

Restando più sull’operatività nella gestione della supply chain, sono due le direttrici da esplorare per lo sviluppo di indicatori di performance:

  • Costi/Efficienza: i KPI rappresentano parametri di efficienza da mantenere/raggiungere
  • Qualità/Efficacia: i KPI sono gli indicatori della performance qualitativa raggiunta

Per la loro implementazione si deve innanzitutto rispondere ad alcune domande:

  • Quali sono gli obiettivi della misurazione?
  • Cosa vogliamo o è opportuno misurare?
  • Quale livello target definire?

La misurazione dei KPI qualitativi può avere più obiettivi:

  • Tenere sotto controllo l’andamento delle performance;
  • Fornire uno strumento di valutazione del fornitore (esterno o reparto interno);
  • Fornire uno strumento di discussione interna (di solito con il reparto commerciale) per verificare se quanto erogato sia in linea con le politiche di vendita;
  • Fornire uno strumento di confronto esterno (di solito al reparto commerciale) per un corretto confronto con il cliente non solo relativo a prezzi e specifiche del prodotto ma anche alla qualità del servizio erogato dalla Supply Chain.

Cosa misurare: dipende dal prodotto/servizio venduto, dal settore in cui si opera, dagli obbiettivi aziendali e da molti altri fattori. La difficoltà nel definire quali siano i parametri da tenere sotto controllo è diffusa in azienda quando non è correttamente definito il livello di servizio da offrire al cliente.

 

Definire cosa misurare dipende quindi da:

  • Settore in cui si opera;
  • Obiettivi aziendali (se esplicitati);
  • Abitudini consolidate (in assenza di obiettivi espliciti)

Qual è il livello del KPI da considerare accettabile come soglia minima di performance (sia quantitativa sia qualitativa)? Qual è il livello target del singolo KPI aziendale?

Definirlo è opportuno e necessario in quanto da un lato rende chiaro e pubblico (all’interno della propria organizzazione) il livello di performance obiettivo al di sopra del quale il servizio/prodotto è giudicato “accettabile” (rappresenta il livello di “tolleranza” all’interno del quale non si attivano azioni correttive); dall’altro lato rappresenta il livello minimo limite al di sotto del quale si deve intervenire con azioni specifiche per riportare lo standard su livelli accettabili.

Dotarsi di un sistema di KPI aziendali significa quindi dotarsi di uno strumento potente che aiuta la discussione interna a focalizzarsi sui problemi effettivi e non sui singoli casi e indirizza le azioni di ripristino del corretto output solamente quando e dove necessarie, evitando così decisioni “di pancia” su situazioni spot che possono essere non rappresentative del normale andamento.

La definizione del livello target non è certo un percorso facile. Costringe tutte le parti ad uscire allo scoperto. Chi produce/eroga il servizio deve essere trasparente sul proprio reale grado di affidabilità. Chi lo usa/rivende deve essere chiaro nella definizione di cosa sia richiesto dal mercato. Quante volte da una riunione siamo usciti con la sensazione di incertezza e confusione per non avere capito se il disservizio fosse creato da reali problemi di performance o da anomalie non rappresentative del reale livello di servizio o, ancora peggio, utilizzate ad arte per nascondere altre difficoltà?

Spesso, nelle aziende, questa mancanza di chiarezza è determinata dal grado di “potere” in mano alle singole persone/funzioni. Se questa leva è in mano a chi produce, la colpa delle anomalie sarà sempre attribuita ai clienti, che chiedono sempre la luna, o alle vendite, che sono incapaci di fare il loro compito. Se il potere è in mano a chi vende, la colpa sarà inevitabilmente di chi produce o di chi distribuisce. Di questa diatriba interna però al cliente non interessa nulla. Lui richiede un prodotto/servizio con certi standard per cui ha pagato. E, a fronte dell’incapacità o inerzia dell’azienda a soddisfarlo perché impegnata in discussioni ed analisi, si rivolge altrove.

È evidente quindi come l’adozione di uno strumento di misurazione delle performance sia un “cambio culturale” per l’azienda che diventa più matura e in grado di affrontare nel modo giusto il mercato di oggi, basando le decisioni da prendere sulla base di numeri e report e non solo affidandosi all’esperienza degli esperti di turno.

Ma quali sono i passi da compiere per arrivare a questo nuovo assetto?

I tre passi basilari li abbiamo già esplicitati (definire l’obbiettivo della misurazione, cosa misurare ed il livello target). Ora è necessario definire le fasi operative di implementazione.

La prima fase riguarda il sistema di registrazione degli eventi oggetto di misurazione. Qui la realtà a cui si va incontro può essere varia da molti punti di vista: numerosità degli eventi da misurare, frequenza con cui i dati vanno rilevati, facilità/difficoltà nella registrazione dei parametri di misurazione, disponibilità di strumenti/tools che aiutino nella raccolta delle registrazioni.

Nella strutturazione del sistema è utile anche avere la misurazione del grado di affidabilità del sistema stesso di registrazione, in modo da poter leggere correttamente il KPI che ne uscirà.

Né infine si deve dimenticare che rilevare e registrare non è gratis, ha un costo. Anche questo va correttamente definito per evitare di progettare un bel sistema di rilevazione ma troppo oneroso per l’azienda. Il tema del costo della rilevazione va a braccetto con l’ampiezza della rilevazione. Per ridurre il costo della rilevazione, in caso di alta numerosità degli eventi, si conducono rilevazioni a campione. In produzione questo principio è molto diffuso. Ma anche nella supply chain quando, a fine esercizio, si effettua l’inventario di magazzino. L’ente certificatore valida l’inventario con sistemi a campione. Se questi confermano la giacenza contabile a sistema, la giacenza stessa è giudicata “affidabile”.

Da qui risulta chiaro che contenimento dei costi della rilevazione e grado di affidabilità delle rilevazioni sono strettamente connessi. Il KPI che ne consegue deve quindi essere il prodotto del giusto compromesso fra queste due esigenze e la necessità di avere un indicatore rappresentativo della realtà ed accettato da tutte le parti in quanto tale.

Un’attenzione particolare agli strumenti e tools utilizzati per la rilevazione (seconda fase). Se questi strumenti sono procedure operative impiegate per l’erogazione del servizio, la rilevazione risulta pressoché gratis e altamente affidabile. Come i KPI economici si basano su dati di bilancio (da qui basso costo di rilevazione ed alta affidabilità) anche nelle operations questo modello può essere applicato.

Un esempio? La rilevazione dei tempi di resa nell’ambito dei trasporti. Sempre più oggi i moderni vettori offrono, integrato nel servizio di trasporto, il track&trace delle merci trasportate, dal loro ritiro alla consegna finale. Questo tool è stato integrato nel tempo con una serie di informazioni relative allo stato della consegna. Attraverso il track&trace è oggi possibile gestire la consegna in tempo reale, la firma elettronica di chi ha ricevuto la merce, la foto delle condizioni in cui la merce è stata consegnata e altro ancora. A tutti gli effetti diventa uno strumento operativo per la tracciatura del percorso del mezzo/autista e dello stato di avanzamento delle consegne, della rilevazione delle anomalie a destino (colli mancanti, scondizionati e danni),… Da qui la disponibilità della data/ora di consegna che saranno input per il calcolo del KPI della logistica distributiva sul rispetto dei tempi di resa del trasportatore. Ma anche oggetto di confronto con il commerciale/cliente finale per la certificazione del livello di servizio erogato.

Altri esempi possono essere ricavati dall’utilizzo dei sistemi WMS nella gestione degli stock. Se ogni operazione elementare viene rilevata attraverso la lettura di barcode o rfid, la tracciatura delle operazioni elementari di movimentazione è nel sistema WMS e può essere utilizzata per l’alimentazione del sistema di KPI che misura le produttività delle attività aggregate, l’utilizzo degli spazi ed altro ancora.

In questi casi la copertura della rilevazione è il 100% degli eventi trattati.

Non sempre però si è fortunati. Per altre tipologie di rilevazione si deve implementare un sistema di rilevazione manuale o scarsamente automatizzato. È il caso della gestione delle non conformità, sulla falsa riga del modello in uso con le ISO 9000 nei Sistemi Qualità. Qui la rilevazione è manuale ed è basata sulla raccolta e registrazione di segnalazioni. Non è detto però che sia esaustiva e che copra tutti gli eventi accaduti. Da qui la necessità di misurare il grado di affidabilità delle rilevazioni fatte per capire quanto queste siano davvero rappresentative di ciò che accade.

Ultimo elemento da definire nel sistema di registrazione è la frequenza con cui saranno estratti/utilizzati gli output: giornaliera, settimanale, mensile. Anche qui entra in campo l’obiettivo della misurazione e l’utilizzo che si vuol fare del KPI da elaborare.

Risulta chiaro come i KPI non siano statici ma varino nel tempo. Al di là di KPI “istituzionali” per le varie attività all’interno della Supply Chain (ad esempio l’utilizzo degli spazi per lo stoccaggio, gli errori in fase di prelievo per la movimentazione, il transit time per il trasporto o il tempo di risposta alle pratiche di Customer Service), molti altri possono essere inseriti per monitorare alcuni processi/attività su un arco di tempo limitato finché l’attività oggetto di monitoraggio risulta essere critica (come nei momenti di ristrutturazione/cambiamento delle procedure). Altri KPI possono invece nascere per monitorare nuove attività/servizi che si intende proporre al mercato. Si disporrà quindi di un “set” di KPI più o meno esteso che andrà a coprire le attività da monitorare.

Ma in che modo leggere tutti questi indicatori? E dove intervenire per rispristinare il corretto funzionamento?

Questa è la terza fase, la rappresentazione dei risultati dei KPI elaborati in modo da renderli comprensibili. Su questo aspetto ci vengono in aiuto i monitor di controllo che possono avere varie forme. Quelle più utilizzate sono i diagrammi radar ma molto efficaci possono risultare i diagrammi “semaforo” dove ogni colore rappresenta un grado di criticità: rosso=al di sotto del target, giallo=in prossimità del target, verde=al di sopra del target. Il vantaggio è quello che pur avendo KPI numerosi, a colpo d’occhio si riesce a capire le aree critiche e quelle sotto controllo. Ma si può fare di più.

Nella terziarizzazione delle attività (movimentazione, trasporto, ecc.) spesso ci si concentra sul prezzo e si dimentica il servizio. Quest’ultimo può essere recuperato e reso parte integrante dell’accordo di fornitura attraverso la strutturazione di KPI: definirli, fissare il target di accettabilità, chiarire le modalità della rilevazione (strumenti, frequenza e fonti), a chi è in capo l’onere dell’elaborazione e a chi il controllo, dove definire la struttura e le modalità di pubblicazione dei report. Tutte queste informazioni possono essere strutturate in un’appendice specifica al contratto relativa alla misurazione del servizio.

Per la completa valutazione del fornitore/servizio acquistato può essere utile definire un unico KPI frutto dell’aggregazione ponderata dei vari KPI. Questo KPI aggregato sarà il target di contratto relativamente al rispetto del livello di servizio. È possibile inoltre integrare il capitolato di fornitura con un sistema di Bonus/Malus per “incentivare” il fornitore ad andare oltre il target ottenendo così un livello di servizio elevato.

Ma attenzione, l’eventuale sistema Bonus/Malus non va confuso con l’obbiettivo di misurazione dei KPI. L’obiettivo non è quello di dare multe al fornitore in caso di disservizi ma quello di tenere il fornitore “attento” ad avere un buon livello di servizio. Il contratto dovrà perciò prevedere clausole di cessazione immediata o di intervento risolutivo da parte del committente con addebito al fornitore inadempiente degli extra costi in caso il livello di servizio decada sotto il livello minimo accettabile.

Fin qui abbiamo parlato molto dei KPI legati al livello di servizio. Non va tralasciata l’altra categoria di KPI (forse più diffusa) legata alla valutazione della produttività e delle performance economiche. Anche se in questo caso si corre il rischio di andare in sovrapposizione con il controllo di gestione, nelle aziende sono sempre più diffusi sistemi di rilevazione delle attività svolte dai vari reparti con analisi delle risorse impiegate per svolgerle (solitamente ore/uomo).

Anche questi parametri possono essere oggetto di contrattualizzazione, in caso di fornitura esterna, per legare i ricavi da liquidare al fornitore (es. €/kg movimentato come driver di fatturazione) o la validità delle tariffe (€/kg movimentato fisso se la % di picking è compresa in un determinato range).

Riassumendo, dotarsi di un sistema di KPI è un’esigenza sempre più attuale per monitorare organizzazioni che, nel tempo, aumentano la complessità e dove i margini di errore ammessi sono sempre più ridotti. Farlo in modo corretto, strutturando un sistema di rilevazione efficiente, un sistema di consuntivazione affidabile ed un monitor di rappresentazione chiaro, è un’attività non banale che necessita di un lavoro di preparazione specifico e strutturato, ma sicuramente necessaria.


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