La recente spirale inflattiva e l’impennarsi dei costi dell’energia per imprese e famiglie hanno fortemente concentrato l’attenzione di tutti sul tema dell’efficientamento energetico, uno dei pilastri della sostenibilità ambientale. Ma il tema della sostenibilità aziendale va ben aldilà della (necessaria, improcrastinabile) riduzione delle emissioni di CO2. La sostenibilità ambientale, sociale e di governance diventerà sempre più uno degli elementi imprescindibili per la costruzione di vantaggio competitivo e quindi di capacità di stare sul mercato: in altre parole, per la sostenibilità economica di lungo periodo.

Tutto questo accade in un momento in cui si evidenzia anche una certa “fatica” ad affrontare in modo serio questi argomenti: la posta in gioco è altissima ma la strada da intraprendere è difficile: gli investimenti necessari sono ingenti e molte aziende che hanno fatto ricorso al “greenwashing[1], di fatto, hanno ottenuto un effetto reputazionale negativo per loro stesse, screditando al contempo gli sforzi compiuti da altre aziende che, invece, hanno portato avanti progetti di miglioramento più concreti ed efficaci.

Vale la pena quindi ricordare quali sono gli elementi oggettivi di cambiamento che dovrebbero portare ogni azienda ad avere un proprio “percorso di sostenibilità”, fatto su misura rispetto alle proprie caratteristiche, obiettivi e potenzialità. In questo primo articolo partiamo dall’analisi di come le pressioni dal mercato spingano le aziende a diventare sostenibili.

Verso l’economia green: le pressioni dal mercato

In effetti, anche se nel parlare di sostenibilità aziendale spesso si parte dagli aspetti di regolamentazione, che costringono le aziende a cambiare i propri comportamenti attraverso l’imposizione di nuove norme, nel medio periodo le richieste che provengono dal mercato costituiscono la fonte più importante di opportunità - nonché la minaccia maggiore alla sopravvivenza aziendale qualora tali opportunità non vengano colte. Tali pressioni vengono esercitate da parte di tutte le tipologie di stakeholders dell’impresa: 

dai consumatori finali dei prodotti/servizi offerti, dalle aziende clienti a valle nella propria filiera, dai dipendenti e dai finanziatori.

I consumatori finali chiedono prodotti sostenibili

Nonostante l’attuale congiuntura economica, i consumatori cercano sempre più prodotti a ridotto impatto ambientale e sociale. Si aspettano che i brand da cui acquistano abbiano comportamenti e prodotti “sostenibili” e compiano sforzi credibili per migliorare la propria sostenibilità. È vero, non sempre appaiono disponibili a pagare un prezzo maggiore per questi prodotti ma il fatto di essere sostenibili diventerà sempre più un elemento di scelta.

Nel linguaggio del product marketing è un “must have” (caratteristica senza la quale il prodotto/servizio non risponde ai bisogni minimi del potenziale cliente) e non un “nice to have” (caratteristica premium, che differenzia il prodotto/servizio rispetto alla concorrenza). La brand identity si baserà sempre più sulla corretta comunicazione della propria strategia di sostenibilità aziendale, intesa sia come elementi di sostenibilità del prodotto/servizio offerto, sia come percorso di cambiamento intrapreso dal brand e raggiungimento degli obiettivi prefissati. Tale comunicazione non riguarda però soltanto i grandi brand affermati: anche in settori B2B, oltre il 70% del tempo dedicato a un acquisto da parte di un acquirente non coinvolge attivamente il potenziale fornitore, ma viene speso in ricerche autonome dell’offerta.

Come dimostra un benchmark europeo di prossima pubblicazione sulla comunicazione della sostenibilità aziendale sui propri siti web, alla cui costruzione ha contribuito OPTA come membro della rete IMCN (Independent Management Consultancies Network), il grado di consapevolezza ed efficacia della comunicazione sulla sostenibilità varia molto da settore a settore, all’interno degli stessi settori e anche tra diverse categorie dimensionali di aziende. Esistono quindi ad oggi ampi spazi per differenziarsi su questi aspetti.

Le filiere produttive sostenibili

I clienti a valle nelle filiere produttive, che “tirano” i fornitori all’interno della propria supply chain, hanno a loro volta l’esigenza di certificare le proprie “credenziali” di sostenibilità. Per questo motivo, imporranno sempre di più requisiti di sostenibilità ai propri fornitori. Questo aspetto rischia di modificare le relazioni tra clienti e fornitori anche all’interno di filiere produttive consolidate. Come rispondere – e se possibile anticipare – tali richieste diventa un importante elemento della strategia aziendale complessiva. Richiederà profondi cambiamenti nei processi produttivi e gestionali, nei dati che misurano l’impatto ambientale e sociale di tali processi e nelle mo

li chiedono prodotti sostenibilidalità di raccolta e comunicazione dei dati stessi.

I dipendenti vogliono dare un contributo attivo alla creazione di una società sostenibile

In un contesto di scarsità di manodopera qualificata a tutti i livelli, e nel quale i giovani si dimostrano sempre più attenti agli aspetti di sostenibilità, quest’ultima diventa un importante fattore di attrattività per le risorse umane. Il fatto di appartenere a una filiera produttiva sostenibile, di adottare delle regole di comportamento improntate a una corretta governance aziendale e di avere un percorso che promuove la sostenibilità sociale interna ed esterna sarà sempre più importante per reclutare e fidelizzare le persone senza le quali non si può costruire una posizione salda di vantaggio competitivo. I processi HR avranno quindi un ruolo fondamentale nel sostenere il percorso verso una maggiore sostenibilità aziendale.

La finanza sostenibile

All’interno dell’UE, la Commissione Europea sta perseguendo in maniera inesorabile l’obiettivo di orientare gli investimenti verso progetti, settori e attività più sostenibili. Al di là della complessità di implementazione di questo obiettivo, è indubbio che gli istituti di credito avranno sempre più fame di progetti e aziende sostenibili da finanziare. Il fatto di poter presentare richieste di finanziamento che si adeguino a questi criteri consentirà alle aziende di migliorare il proprio merito creditizio e di accedervi a condizioni più vantaggiose.

Il percorso di sostenibilità: un circolo virtuoso

Come in qualunque progetto di cambiamento, anche in questo caso occorre porre le basi definendo obiettivi, strategia e priorità: occorre integrare gli obiettivi di sostenibilità all’interno del proprio piano strategico aziendale per poi implementare le azioni pratiche necessarie nel quotidiano.

Occorre, in altre parole, creare un percorso personalizzato di sostenibilità, per diversi motivi:

  • I “filoni” di sostenibilità sono molteplici – si pensi ai 17 obiettivi di sviluppo sostenibile definiti dalle Nazioni Unite (gli SDG – Sustainable Development Goals);
  • le caratteristiche produttive del proprio settore determineranno le aree di miglioramento più importanti (la cosiddetta “materialità”);
  • le caratteristiche dell’azienda, compresi i propri punti di forza e di debolezza rispetto ai competitor, potranno consigliare gli obiettivi prioritari.

Esistono diversi modelli di “check” applicabili in grado di individuare i punti di forza non sufficientemente evidenziati nei confronti del mercato, i possibili miglioramenti di breve periodo e le aree che richiedono maggiori sforzi e investimenti e che andranno, quindi, attentamente valutate.

Se siete interessati a capire come la vostra azienda comunica il suo percorso di sostenibilità rispetto ai suoi competitor italiani ed europei, vi invitiamo a chiedere una copia del benchmark IMCN per il vostro settore, compilando l’apposito form.

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[1] Il greenwashing è definito dalle Treccani come “Strategia di comunicazione o di marketing perseguita da aziende, istituzioni, enti che presentano come ecosostenibili le proprie attività, cercando di occultarne l'impatto ambientale negativo” https://www.treccani.it/vocabolario/greenwashing_%28Neologismi%29/



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