Come per il nostro vivere quotidiano oggi le nostre imprese sono sempre più immerse nella tecnologia digitale. Grazie alla cosiddetta Innovazione 4.0 si va verso un costante miglioramento dell’efficienza dei processi aziendali. 

L’organizzazione aziendale tuttavia passa sempre attraverso la componente umana che, pur avvalendosi di nuove tecnologie (ahimè…di solito destinate a invecchiare presto), ha regole in certi casi molto antiche. 

Lo spunto ci viene fornito da un libro dal titolo intrigante: L’organizzazione Perfetta, di Massimo Folador.

Appunto, quale sarà mai questa organizzazione perfetta? 

La spiegazione è già dal sottotitolo: “la Regola di San Benedetto. Una saggezza antica al servizio dell’impresa”.

Di seguito, con il “virgolettato e corsivo” verranno citati brani del testo in cui Folador (che qui ringraziamo per gli spunti fornitici) ci guida attraverso una Regola scritta da San Benedetto quasi 1500 anni fa. 

Prima di addentrarci nella famosa Regola (silenzio, umiltà, obbedienza) e nelle sue implicazioni sull’organizzazione aziendale, voglio ricordare che San Benedetto da Norcia è il Patrono d’Europa. E lo è diventato grazie a ciò che ha creato ossia una rete di monasteri (calcolati in circa 75.000 nella sola Europa) che, a partire dal 535 d.C., anno di inizio della costruzione dell’Abbazia di Montecassino, iniziarono a diffondersi e a essere gestiti attraverso la Regola che il famoso frate scrisse proprio durante l’erezione di questa prima struttura.

Quando Fra’ Benedetto morì nel 547, aveva creato una comunità fiorente e dalle basi solidissime, in grado di conquistare l’Europa con il lavoro, la preghiera e la forza delle parole resistendo a ogni crisi e a ogni congiuntura sfavorevole. Già nel 589 l’Abbazia fu devastata dalla furia degli eserciti longobardi. Fu solo la prima di una lunga serie di eventi nefasti, culminati nel 1944, quando il monastero fu distrutto dai bombardamenti alleati per sconfiggere i tedeschi che vi si erano rifugiati e che resistettero per mesi, prima di soccombere. 

Quale altra organizzazione sovranazionale può vantare una simile longevità e una presenza che, nei secoli, ha anche travalicato l’Europa per espandersi in tutto il mondo conosciuto? 

Credo bastino questi pochi cenni storici per comprendere il valore e la forza della Regola di San Benedetto e di quanto sia stata determinante nel supportare un’organizzazione che oggi definiremmo al vertice per resilienza e capacità di innovazione e di visione. 

Traendo spunto dal libro di Folador divideremo la trattazione del tema in tre parti, che saranno pubblicate in altrettanti contributi del nostro blog:

  • Parte prima: mission, valori, comportamenti
  • Parte seconda: guidare sé stessi, guidare gli altri
  • Parte terza: la comunità aziendale organizzata 

Andiamo dunque a scoprire la Regola di San Benedetto.

Mission

Il concetto di mission, che si è affermato negli ultimi anni nelle nostre organizzazioni e che ci arriva dal mondo anglosassone ha in realtà in San Benedetto un importante precursore e sostenitore. Tanto è vero che già nel Prologo alla Regola il monaco punta il faro sull’individuo, in quanto parte di un tutto che è l’organizzazione: monaco e monastero devono camminare insieme, la persona e l’azienda devono percorrere la stessa strada, fianco a fianco. Pena perdersi, nel mondo di ieri come nel mercato di oggi. 

Persone che sanno dove andare, motivate e di alto profilo, inserite in organizzazioni che hanno ben presente quali obiettivi voler raggiungere: questi i monaci che hanno fatto grandi i monasteri.

Sempre più le aziende stanno mettendo al centro l’individuo, la sua crescita, la sua motivazione, ma all’interno di una organizzazione aziendale con obiettivi chiari e condivisi, così da generare scelte operative determinate da ragioni di fondo note e in cui tutti si rispecchiano


San Benedetto nel prologo alla Regola fornisce le ragioni ultime che motiveranno ogni monaco durante la sua giornata, ma anche nei mesi e negli anni di lavoro che si succederanno veloci. È come un manager che, nei nostri anni difficili, prende per mano la sua start-up e disegna il futuro con lucida visione, dando ai suoi collaboratori le chiavi per aprire le porte del futuro. 

San Benedetto avverte che la via della salvezza si può intraprendere per un “ingresso stretto”. È il manager che non nasconde ai propri collaboratori le difficoltà a cui si andrà incontro ma li motiva a superarle, li fa crescere per consentirgli di saltare l’ostacolo e per raggiungere nuovi obiettivi non meno ambiziosi di quelli originali. L’abbazia deve vivere nei secoli e ne devono nascere altre cento, altre mille, vicine e lontane, in un processo che oggi chiameremmo di internazionalizzazione e che per Benedetto era la conseguenza naturale della motivazione dei monaci. Come sottolinea Folador “non a caso la radice della parola è “motu”, muovere, movimento, verso una direzione condivisa soprattutto nelle sue ragioni ultime e più profonde”

Sapendo bene di avere a che fare con persone semplici che hanno bisogno anche di molta concretezza, Benedetto lancia quindi “l’idea di costruire un’abbazia e una comunità che diventino un simbolo per chi vive all’esterno, il che è sicuramente un obiettivo concreto, comprensibile e sotto gli occhi di tutti” (qualcosa di simile al moderno LOGO aziendale?). 

Questo mix fatto di mission e valori, di gesti e comportamenti concreti, è quello che consente al monaco (al collaboratore) di essere epicentro da cui partire per qualsiasi direzione e qualsiasi percorso condiviso.

L’unicità di ogni persona, sempre presente nella Regola, deve essere ben considerata dal manager, che da qui deve muovere per ottenere condivisione vera e duratura dei valori fondanti.

Valori

Ai valori guida e fondanti della comunità, San Benedetto dedica tre capitoli, relativi a obbedienza, silenzio e umiltà, valori che possono essere considerati validi anche per una organizzazione aziendale moderna. Vediamo in che modo.

Obbedire significa, dal latino, “dare ascolto”, ossia anche prestare attenzione. Tale predisposizione d’animo spesso è carente nelle nostre organizzazioni anche se importantissima per capire, nel profondo, ciò che abbiamo attorno. Ascoltare è la base per condividere. L’obbedienza (nella sua accezione positiva) è la colla che mette insieme vision e mission e li trasforma in atti e comportamenti concreti (v. paragrafo successivo). “Ma questa obbedienza sarà accetta a Dio e gradevole agli uomini (quindi efficace, ndr), se il comando ricevuto sarà eseguito senza esitazione, lentezza o tiepidezza e tantomeno con mormorazioni o proteste…”; quindi no a mormorii o mugugni, sì al fare senza esitazioni. Ma non viene mai dimenticato l’uomo e la sua fragilità, concetti che ritornano in altri capitoli della Regola e che dovrebbero essere guida del manager illuminato. 

Il silenzio è oggi una merce rarissima, lo sappiamo tutti molto bene. Un proverbio recita “il silenzio è d’oro” e i proverbi vengono da lontano, da una saggezza antica, come quella di San Benedetto. Non credo ci sia bisogno di molti esempi per focalizzare l’impatto che potrebbe avere questo valore se fatto proprio nelle nostre organizzazioni, travolte da fiumi di parole scritte, parlate, spesso urlate e da immagini di ogni tipo quasi sempre inutili quando non dannose. Prediligere il silenzio significa lasciare spazio alla riflessione prima delle decisioni, recuperare tempo per ascoltare prima di agire e, infine, imparare a concentrarsi su ciò che conta, senza perdere di vista la strada che abbiamo scelto di percorrere. 

Infine, l’umiltà appare quanto di più lontano sia possibile pensare per una persona, un manager, un imprenditore che voglia fare grande la propria azienda. Invece Benedetto ne fa quasi il pilastro portante dell’Abbazia, dell’abate e dei monaci. Ognuno di loro sarà a un gradino diverso della scala dell’umiltà, fatta da dodici gradini che corrispondono ad altrettanti “gradi”. Perché umiltà ha la stessa radice di humus, terra, quella terra in cui sprofondano le radici, le uniche che consentono alla pianta di vivere, alle fronde di svilupparsi, ai fiori di dare frutti. L’umiltà permette di scendere nel profondo delle cose, di capire il mondo e cambiarlo, se necessario, o accettarlo per come è, ma sempre consapevolmente. D’altra parte, abbiamo tutti in mente, per averlo incontrato nella nostra vita professionale, il manager superbo all’apparenza invincibile e incontrastabile, crollato alle prime avversità del mercato, per non avere saputo ascoltare, per essersi circondato di yes-men, per non essere salito nemmeno al primo gradino della scala dell’umiltà. Come scrive San Benedetto “la Superbia fa discendere e l’umiltà ascendere”. 

Comportamenti

La sintesi di quanto sopra descritto si ha nei comportamenti che ognuno di noi mette in pratica nella vita e nel lavoro. I valori da soli non contano, mission e vision resteranno lettera morta se il monaco (il collaboratore) e l’abate (il manager) non li renderanno operativi e vivi nei loro comportamenti quotidiani. Solo la messa in pratica in maniera armonica di principi e norme, che il Santo alla fine della sua vita raccoglie nella Regola, possono garantire la crescita e lo sviluppo della comunità. 

Questa attenzione di Benedetto alla stesura di una Regola fatta di 73 asciutti capitoli mette in luce anche l’importanza che la comunità deve riconoscere agli anziani e alla loro esperienza. L’esperienza e la saggezza dei monaci più anziani nella conduzione del Monastero non devono andare perdute e dovranno essere di aiuto alla crescita dei novizi. Anche questi sono comportamenti che le nostre aziende farebbero bene a tenere in considerazione: spesso rinunciare alle conoscenze e all’esperienza degli anziani alleggerisce l’azienda alla voce “costi del personale” ma la impoverisce sottraendole un patrimonio intangibile di competenze che sarebbe utile guida alla esuberanza dei giovani. Anche in questo caso si tratta di trovare l’armonia nella convivenza tra il nuovo e l’antico. 

In conclusione, la lettura della Regola di San Benedetto, con un occhio diverso dall’uomo di fede e con quello di chi vive e lavora nel mondo frenetico del business, è fonte di importanti riflessioni che vi sottoporremo anche nei due prossimi contributi che seguiranno. 

Un grazie va a Massimo Folador che con il suo libro ci ha fatto scoprire (o riscoprire in chiave diversa) un grande Santo, un grande scrittore e un grande uomo d’azienda. 

Bibliografia
Massimo Folador, L’organizzazione perfetta. La regola di San Benedetto. Ed. Guerini e Associati, 2006San Benedetto da Norcia, La Regola, Ed. Shalom

 


Riproduzione riservata©
Newsletter

Se ti piacciono i nostri contenuti, iscriviti. Ogni mese ti informeremo su nuove pubblicazioni, eventi interessanti per il tuo business e novità del mondo OPTA.

Sei interessato ad approfondire l’argomento?
Condividi l’articolo su