In questo terzo articolo terminiamo il commento al libro di Massimo Folador “L’organizzazione perfetta” (edito da Guerini & Associati) che mette alla nostra attenzione la Regola scritta da San Benedetto oltre 1500 anni fa e la rilegge in chiave moderna.

L’intento del Santo era quello di far vivere e prosperare la comunità del Monastero di Cassino e di tutte le altre comunità benedettine che sarebbero sorte nei secoli successivi. Nella prima parte abbiamo scritto di mission, valori e comportamenti, nella seconda della guida di sé stessi e degli altri. Terminiamo questo percorso concentrandoci sugli aspetti fondamentali affinché una comunità organizzata viva e prosperi, spostando il nostro sguardo dal monastero benedettino alle nostre aziende. 

Una organizzazione forte e ben strutturata è stata alla base dello sviluppo dei monasteri benedettini nell’Europa del medioevo e del loro percorso nei secoli fino a noi. È facile vedere in questo una chiave di successo anche per le nostre imprese. 

Non è un caso che i capitoli iniziali delle Regola definiscano ruoli e attività presenti nei monasteri, oltre a ogni altro aspetto della vita quotidiana comunitaria. Questo perché l’abate, a capo del monastero, deve essere anche guida per i monaci: avere figure guida è importante per lo sviluppo armonico dell’azienda e delle persone, singoli e team, che contribuiscono alla sua crescita. 

Le responsabilità devono essere stabilite e distribuite con chiarezza, sempre in relazione alle dimensioni e alla complessità delle aziende. Tra grande monastero (Grande Impresa) e piccola comunità (PMI) ci sono molte differenze nel meccanismo della delega e il Santo ammonisce l’abate a non abusarne: se i problemi sono pochi le responsabilità possono restare tutte in capo all’abate, se l’azienda si sviluppa e progredisce  le deleghe sono fondamentali per crescere con armonia e governare in modo efficace. Affidare responsabilità è il fondamento della crescita di impresa, affidarle secondo il merito è un presupposto del successo. Sembrano concetti banali ma ciò che vediamo nelle imprese italiane, grandi, medie o piccole, non è sempre in questo solco. 

Tra le qualità da ricercare nelle persone apicali (a cui affidare le responsabilità) vanno messe in evidenza la rettitudine e la capacità di dare il buon esempio più che le conoscenze tecniche (che, se non ci sono, si possono acquisire). Il termine usato da San Benedetto è “degno”. Questo aspetto è tanto più importante quanto più la persona degna ricopra in azienda ruoli cardine, come il priore nel convento (che è una sorta di direzione generale): San Benedetto si sofferma molto su questo aspetto perché nella sua esperienza aveva incontrato molte persone “non degne” e ne aveva subìto le conseguenze nel vedere “fallire” alcune sue abbazie.

Ma il Santo delinea molto bene anche la figura del “cellerario” (il nostro direttore amministrativo) a cui dedica l’intero capitolo 31 delle Regola: deve essere saggio, sobrio, grave di costumi, ... perché sia a tutta la comunità come un padre”. Quindi qualità umane innanzitutto, perché deve gestire e distribuire con equanimità le ricchezze, che devono sempre essere al servizio della comunità. La saggezza contribuisce alla sua condotta e al suo operato che deve mirare alla tranquillità economica della comunità, cosicché le energie creative di tutti possano essere rivolte verso altri obiettivi.

Un altro aspetto importante della possibilità di governare l’azienda attraverso la delega è la numerosità dei gruppi (aree, reparti, gruppi di lavoro, ecc.): se le dimensioni superano la possibilità di avere un contatto diretto con i singoli, quotidiano o quasi, non si può più incidere sui loro comportamenti e/o verificarli. È evidente che questo principio va calato nelle realtà di oggi e coniugato con le tecnologie a disposizione, ma se se perdo il contatto diretto con chi ho responsabilizzato, perdo le sue peculiarità e, in breve tempo, la comprensione delle sue motivazioni. 

Un’organizzazione, per il suo buon funzionamento, ha bisogno di processi e di azioni ben coordinati tra loro. La Regola di San Benedetto mira a ottenere che la vita nell’abbazia fluisca dentro un quadro armonico, dove ogni elemento si muove per concorrere al risultato finale e non in maniera casuale: ciò che anche ogni imprenditore vorrebbe, con un risultato finale non solo economico ma sempre più portatore di una “economia sostenibile” che deve armonizzare economia, ambiente, socialità. 

Processi e azioni che avvengono nel rispetto di ritmi e orari definiti e sempre rispettati da tutti. La puntualità, come valore per il buon funzionamento di ogni attività, è vista non come un vezzo ma come un’esigenza: anche qui San Benedetto ha molto da insegnare a manager e professionisti che vivono la puntualità come qualcosa che non gli appartiene, senza rispetto per gli altri. E ci insegna come le ore del mattino siano le più prolifiche. Certo, non sempre è possibile anticipare l’inizio dei lavori nella giornata, ma le opzioni che comportano rivisitazioni degli orari di lavoro portano spesso a buoni risultati organizzativi: il tema peraltro è di grande attualità per i costi dell’energia, che non è uguale in tutte le ore del giorno (questo però San Benedetto non lo aveva previsto…). 

In una comunità organizzata, diventa molto importante la vita in comune e le attività che la definiscono. Su questo aspetto il Santo dedica molti capitoli e molte parole. È forse questo l’aspetto che più si adatta alle nostre organizzazioni, all’interno delle quali trascorriamo tante ore della nostra vita ma dove i momenti in comune sono spesso sottovalutati quando, invece, dovrebbero diventare il collante della crescita in quanto consentono di conoscere i lati umani delle persone, di entrare in empatia piena con l’altro, di formare squadre vincenti. Oggi si tende a ridurre questi momenti, perché le persone hanno mille interessi al di fuori dell’azienda e, spesso, vogliono gestire il “tempo privato” senza vincoli aziendali. La capacità sta nel sapere mantenere i momenti tradizionali (la pausa pranzo, le cene aziendali), crearne altri (ad esempio sfruttando le attività formative, le fiere, l’arrivo di clienti importanti) e progettandone di innovativi, sempre ascoltando e parlando con tutti, mettendo in comunicazione l’uno con l’altro, perché comunicare è la base della convivenza feconda (lasciando da parte “il mormorio”, che San Benedetto bolla come il male, da sottoporre a severa punizione). 

Infine, vorrei spendere qualche parola sulla selezione delle persone da inserire nell’organizzazione. Ai novizi il Santo dedica l’intero cap. 58 della Regola, descrivendo un percorso articolato, lungo e difficile di selezione, al termine del quale sia possibile entrare nella comunità o meno, esercitando una consapevole libertà di scelta. Consapevole perché, durante il percorso, il novizio viene messo a conoscenza di cosa lo aspetti e di cosa ci sia aspetta da lui. Questo percorso, che poteva durare anche un anno, ci insegna quanto sia importante il tempo e le azioni che vengono dedicate all’inserimento di una nuova figura all’interno di un gruppo: importante per il gruppo e per il singolo, perché solo la conoscenza più approfondita di tanti aspetti (passioni, motivazioni, sensibilità, ansie, difetti, ecc..) possono portare alla instaurazione di collaborazioni destinate a essere proficue.

Concludendo

vogliamo sottolineare che San Benedetto non immagina una comunità stretta tra norme, regole, divieti, prescrizioni, orari. Se siete arrivati fin qui con questa impressione, abbiamo sbagliato il nostro scrivere.

Al contrario, la comunità deve vivere e proliferare nel rispetto delle regole ma nel pieno della propria creatività, della propria emotività, dando compimento alla propria visione. Per questo è sempre necessario all’abate recuperare quella moderazione che consente di cogliere il dinamismo delle situazioni per poterle gestire senza infrangere le regole ma, al tempo stesso, cogliendo tutte le opportunità possibili. 

Anche per questa terza e ultima parte un grazie sentito a Massimo Folador per le sue annotazioni che ci hanno accompagnato alla scoperta di regole antiche, ma quanto mai valide.
 

Bibliografia
Massimo Folador, L’organizzazione perfetta. La regola di San Benedetto, ecc. Ed. Guerini e Associati, 2006
San Benedetto da Norcia, La Regola, Ed. Shalom



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