Il passaggio generazionale è sempre un momento decisivo nella storia di un’azienda. Ne abbiamo già parlato nel nostro primo articolo (Il passaggio generazionale) e in un secondo lo abbiamo sostenuto con la forza dei numeri (Il passaggio generazionale/dati). 

Abbiamo visto quanto il processo del passaggio di testimone sia lungo e non sempre lineare e come l’imprenditore e l’erede debbano percorrere tale percorso con i ritmi giusti, senza anticipi forzati ma nemmeno con troppi ritardi, pena la sopravvivenza dell’azienda. 

I dati di Unioncamere sul passaggio generazionale in Italia sono confermati dalla nostra esperienza quotidiana: molti imprenditori non colgono per tempo le problematiche connesse con questa delicata fase della vita dell’azienda e quando lo fanno può essere ormai troppo tardi. Questi elementi rafforzano la convinzione che questo tema sarà molto attuale per le nostre PMI negli anni a venire.

Faccio l’esempio di un caso reale, nel quale andrò a descrivere in che modo la mancanza di un’azione strategica nei tempi e nei modi corretti non può che portare, inevitabilmente, alla chiusura dall’azienda. 

LG è un imprenditore di 81 anni, vedovo e padre di 4 figli ed è, da oltre 40 anni, Amministratore Unico di una azienda di cui è socio al 95% che produce calze e collants e sviluppa un fatturato annuo di circa quattro milioni di euro. La produzione è diretta, prevalentemente, verso il ricco mercato scandinavo il cui clima rigido, per la maggior parte dell’anno, favorisce la domanda di questi prodotti. Clienti consolidati e tempi di incasso piuttosto brevi oltre alla passione nordica per il Made in Italy, rappresentano altre condizioni favorevoli per i risultati aziendali.

LG è quindi un imprenditore di successo ma, per carattere, molto accentratore. Dei suoi 4 figli solo 2 lavorano in azienda anche se, spesso schiacciati dalla forte personalità del genitore, si sono adagiati su posizioni di natura meramente impiegatizia e non manageriale. In tutti questi anni il nostro imprenditore ha molto ben utilizzato i profitti aziendali facendo investimenti tecnologici diversificando le attività con l’acquisto e la messa a reddito di numerosi immobili, sempre intestandoli alla società (la sua creatura) che così si è sempre più rafforzata patrimonialmente. In tale contesto favorevole, era impensabile che venisse in mente ad un padre così "ingombrante" di dare più spazio ai propri figli; men che meno ad un manager esterno. 

Nella primavera del 2018 LG consegna alle banche il bilancio annuale e richiede la solita concessione delle linee di anticipo su contratti per finanziare la realizzazione dei prodotti da vendere alle grandi catene di distribuzione scandinave, prima dell’inizio della successiva stagione invernale. Purtroppo, questa volta c’è una novità: le banche hanno drasticamente tagliato le concessioni per via di una revisione delle loro politiche sui prestiti. Questa scelta fa precipitare la società in una grave crisi di liquidità causando l’inosservanza degli obblighi contrattuali sottoscritti. Molto probabilmente però, la vera ragione del comportamento delle banche sta proprio nell’assenza di una chiara strategia per il futuro dell’azienda.

Il nostro imprenditore vive con amarezza questi momenti di grave incertezza che, teme, possano compromettere il lavoro, i sacrifici e i risultati di tutta una vita. Non gli resta che valutare concretamente la vendita dell’azienda ma tutti i tentativi in tal senso non vanno a buon fine: gli acquirenti potenziali manifestano una chiara preoccupazione per l’ingresso in un’organizzazione che va rivoluzionata radicalmente, rispetto alla possibilità di un’acquisizione a prezzi ragionevolmente convenienti. Il rischio è troppo alto. 

Come già ricordato nelle premesse, l’esito di questa vicenda non è stato positivo. Dopo i tentativi di vendita degli immobili, nel tentativo disperato di recuperare liquidità, e successivamente dell’azienda in blocco, la stessa è stata posta in Concordato Preventivo e sarà liquidata. Tale fase durerà probabilmente diversi anni e rappresenta un chiaro esempio di distruzione di ricchezza oltre che di posti di lavoro. 

In conclusione, possiamo dire che gli Imprenditori, in particolare quelli che rappresentano storie di successo, se vogliono davvero il bene di sé stessi, della loro famiglia, dei loro dipendenti e della loro impresa, dovranno pianificare per tempo un efficace ed efficiente passaggio generazionale, finalizzato a valorizzare e non a disperdere quanto fatto in tanti anni di duro lavoro. Avranno presumibilmente solo una possibilità, mai precedentemente vissuta, che va quindi gestita al meglio.

Ma quanti sono gli Imprenditori che hanno una percezione chiara della delicatezza di questa importante fase della loro vita professionale? E quanto può costare non affidarsi a consulenti esperti nella corretta gestione del patrimonio e garanti della sua integrità e continuità nel trasferimento dai genitori ai figli? 

Purtroppo, esempi come quello descritto sono piuttosto comuni nell’Italia di oggi. Molti imprenditori hanno la sindrome del grande faraone Ramses II: certamente un grande che, tuttavia, non ha mai voluto far costruire la sua Piramide. Probabilmente, ritenendosi figlio degli dei, pensava di essere immortale.


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