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In 25 anni di attività sono stati numerosi i percorsi di crescita e sviluppo con in quali abbiamo accompagnato e supportato le aziende, anche nell’ottica di creare delle vere e proprie relazioni di partnership. Tra i clienti coi quali è nato un rapporto professionale proficuo e consolidato nel tempo, possiamo sicuramente annoverare il Gruppo Ocmis di Castelvetro (Modena), azienda leader nel settore della irrigazione che, da alcuni anni, è impegnata in un percorso di crescita dalle direttive estremamente chiare, sia sul fronte del mercato che su quello di sviluppo dell’organizzazione e delle persone. Dopo oltre tre anni di collaborazione intensiva, abbiamo pensato di ripercorrere le tappe più importanti del percorso fatto insieme anche perché, se è vero che spesso si impara dagli errori, è altrettanto vero come si possa imparare dai casi di successo e la collaborazione con OCMIS, tutt’ora in corso, lo dimostra. Quindi, quasi per caso, è nata una piacevole chiacchierata con Lauro Venturi, amministratore delegato del gruppo OCMIS, che nel 2018 scelse OPTA come partner per la consulenza e che tutt’ora, insieme al direttore commerciale Alex Donzelli, al responsabile acquisti Stefano Flandi, al responsabile Logistica Florino Amidei e al responsabile della pianificazione Andrea Rinati monitora – anche se un po’ più “a distanza” – i progetti che portiamo avanti con il management dell’azienda. Vogliamo pertanto condividere questa breve intervista con chi segue il nostro blog. Buonasera Lauro e grazie per la sua disponibilità. Vorremmo iniziare questa chiacchierata tornando indietro di qualche anno, a quando cioè OCMIS ha deciso di richiedere, per la prima volta, il supporto di una società di consulenza specializzata nelle operations. Quali erano state le ragioni e quali gli obiettivi? Sì, è vero, era la prima volta che approcciavamo una consulenza specifica sulle operations. Il motivo per cui nel 2018 siamo arrivati a fare una selezione di un partner che ci supportasse in questo ambito è molto importante. Dal 2015 al 2018 OCMIS aveva fatto registrare tassi di crescita di tutto riguardo. Questi tre anni erano stati caratterizzati da ampliamenti fisici (nuovi immobili industriali) e dalla introduzione di tecnologia (macchine di taglio laser in sostituzione di macchine tradizionali, magazzino verticale per i longaroni di ferro, ecc.). Queste novità avevano creato dei disequilibri nei processi che non generavano più gli output attesi; inoltre, il modo di ragionare delle persone coinvolte nei processi doveva subire una trasformazione. Faccio un breve esempio. La mentalità diffusa era questa: se in un magazzino di 50.000 metri quadri operavano 15 addetti, nel momento che la superficie veniva ampliata a 100.000 metri quadri, allora gli addetti necessari dovevano essere 30, ovvero il doppio. Ma questo non è un modo corretto di ragionare. Tutto questo è avvenuto, inoltre, nel periodo in cui abbiamo anche cambiato il nostro vecchio ERP; a ripensarci siamo stati forse un po’ incoscienti nel fare tutte queste cose contemporaneamente. Beh, insomma ci siamo accorti che avevamo bisogno di una competenza specialistica esterna che ridisegnasse i processi non in una logica a “tavolino”, ma piuttosto sporcandosi le mani di fianco al nostro personale. Posso quindi sintetizzare gli obiettivi in due macrocategorie:
  • ridisegnare i processi in un’ottica di efficienza visti i segnali allarmanti che stavamo registrando (mancanti in produzione troppo numerosi, difficoltà nel rispettare le date di consegna, etc.), ma contemporaneamente
  • far cresce le competenze del nostro personale affinché diventasse protagonista del cambiamento.
Queste esigenze vi hanno quindi spinto a iniziare un processo di partner selection, corretto? Ho voluto curare direttamente questa attività, avendo seguito anche il processo di software selection. Vorrei sottolineare un aspetto critico: quando decidi di rivolgerti a una società di consulenza devi essere consapevole che porti a casa un sistema di conoscenze, una filosofia, un modo nuovo di vedere le cose, non stai semplicemente acquistando delle giornate utili a risolvere i tuoi problemi. In questo percorso di selezione avevo individuato diversi soggetti che spaziavano dall’ex dirigente di produzione uscito dall’azienda per dedicarsi alla libera professione, fino alla multinazionale della consulenza. In questo spettro di possibilità c’è finita anche OPTA che mi era stata segnalata da un amico che testualmente mi aveva detto “Lauro, io conosco questi di Bologna, secondo me faresti bene a dargli un’occhiata perché sono persone che ci capiscono“. Prima di iniziare i colloqui ho definito un modello che mi aiutasse nella scelta che avrei dovuto fare e che era così strutturato:
    1. coerenza con la realtà OCMIS e, aggiungo, umiltà nel senso buono del termine
    2. competenza percepita sulle operations (in senso ampio)
    3. qualità della proposta scritta ricevuta (avrebbe dovuto rispecchiare gli input che avevo dato)
    4. capacità di seguire il progetto dopo la fase di assessment iniziale
    5. capacità di ascolto ed empatia allo scopo di intendersi realmente
    6. referenze nel settore dell’agricoltura
    7. il valore dell’investimento da sostenere (non a caso era l’ultimo parametro in termini di importanza)
Dopo i primi colloqui mi resi conto che non potevo puntare sul consulente freelance esperto di un solo argomento perché la realtà era molto più complessa e avevo necessità di muovermi attraverso diverse practice come la logistica, il planning, gli acquisti, la produzione, ecc. Quello che cercavo era la possibilità di ottimizzare il “sistema delle operations” e non solo una parte di esso. Anche la multinazionale della consulenza non faceva al caso nostro; prima di arrivare a parlare dei miei desiderata (ndr le operations) mi proponevano una rivisitazione del modello di business per poi rivedere il posizionamento sul mercato, ecc. Tutti aspetti che, modestamente, pensavo di avere già risolto visto che i numeri mi davano ragione. Alla fine di questo percorso di valutazione OPTA è risultata la società meglio posizionata su tutti i parametri che ho utilizzato per la valutazione del partner. Con il senno di poi posso dire che molti sono stati i suoi punti di forza: l’atteggiamento giusto insieme alla interdisciplinarità attraverso l’intervento, nel tempo, di diversi consulenti specializzati in differenti aree aziendali. OPTA ha inoltre la dimensione giusta: è abbastanza strutturata da non fare affidamento al tuttologo e, allo stesso tempo, è sufficientemente piccola da non rendere meccanica la consulenza, lasciandola su un piano di interscambio ed empatia con il cliente. La collaborazione tra OCMIS e OPTA dura ormai da quattro anni. Possiamo quindi affermare che il processo di selezione del partner sia stato più che efficace. Il tempo inoltre gioca un ruolo importante nel consolidare i rapporti. La domanda a questo punto è d’obbligo: nell’arco di questi anni è possibile identificare gli ambiti di intervento nei quali OCMIS ha percepito un maggior valore e, in caso affermativo, ci sono motivi specifici che vale la pena sottolineare? Ricordo come se fosse ieri la riunione in cui OPTA presentò i risultati dell’assessment. Apprezzai moltissimo in quella occasione la schiettezza di OPTA nell’illustrare la situazione reale di OCMIS senza troppi giri di parole, andando dritto al cuore del problema e argomentando in maniera chiara i risultati dell’analisi. Teniamo presente che una società di consulenza con l’assessment si gioca la possibilità di portare a casa il progetto vero e proprio e aspetti quali chiarezza e coraggio furono decisamente apprezzati, prima da me e poi anche dalla proprietà di OCMIS. è stato quindi naturale proseguire la strada insieme. La seconda cosa particolarmente gradita fu la stabilità e la competenza dei consulenti di riferimento intervenuti nel progetto. Mantere stabile il team di consulenti ha dei vantaggi enormi legati alla conoscenza via via sempre più profonda dal cliente, della sua cultura e delle sue particolarità. Questo ha permesso di non avere mai avuto problemi di allineamento oltre che di coerenza di contenuti e di governo di quei processi che stavamo cambiando e del progetto in generale. Un altro aspetto di indubbio valore è stata la capacità di OPTA di lavorare sin da subito al fianco delle persone di OCMIS, facendole crescere con il giusto approccio. A distanza di anni posso rivelare che mai nessun collaboratore è venuto a lamentarsi del rapporto con OPTA. Piano piano si è consolidata la consapevolezza che stavamo crescendo assieme a voi. Tra l’altro siete riusciti a risolvere il problema dei mancanti di produzione che solo chi conosce il settore dell’agricoltura e le pressioni che ci sono durante la stagione di picco può realmente comprenderne la criticità. Ci avete insegnato cosa significhi pianificare, cosa vuol dire rivedere i budget che noi consideravamo in maniera troppo statica, come potevamo sfruttare meglio la tecnologia e, in particolare, l’informatica. Poi l’introduzione dei KPI, sembra quasi ridicolo dirlo, è stata rivoluzionaria; non c’era più il parere delle persone (stiamo andando bene o stiamo andando male) ma c’erano i numeri che potevano supportare, in maniera oggettiva, il processo decisionale. Il concetto della misurazione è stato importante tanto quanto quello dell’integrazione: abbiamo fatto un salto culturale comprendendo che la cosa importante non è tanto la ricerca del colpevole, quanto piuttosto la ricerca della soluzione. In questo siete stati autorevoli. Se dovessi fare una sintesi penso che potrebbe essere questa: “ci avete supportato in maniera ottimale perché mentre ci aiutavate a sistemare i processi ci avete insegnato anche come farlo da soli“. Sottolineo con piacere due aspetti cui OPTA tiene molto. Il primo è la stabilità del team dei consulenti che lavorano con i nostri clienti perché questo consente di creare quel rapporto di collaborazione per una crescita comune. Il secondo è il rispetto verso il nostro cliente; in OPTA amiamo dire che siamo “ospiti” a casa dei nostri clienti e come tali ci dobbiamo comportare mostrando rispetto per i valori, la cultura e le persone che ci accolgono. Avevo una domanda su come OCMIS sia riuscita a coinvolgere correttamente le proprie persone visto che sono loro quelle più soggette ai cambiamenti, anche se ha già risposto in parte poco fa. Si, ma attenzione: la sfida che OPTA ha dovuto affrontare era molto difficile perché uno dei vostri interlocutori non era completamente aperto al cambiamento. Come azienda venivamo da un momento difficile collegato al cambio ERP dove questa persona aveva quasi paralizzato il progetto implementativo poiché voleva che il nuovo software facesse esattamente le cose alla vecchia maniera. Devo dire che con lui siete stati particolarmente efficaci, siete riusciti a convincerlo senza nessun tipo di imposizione, ma piuttosto ascoltandola e proponendo una visione diversa di come affrontare i problemi quotidiani. Beh, in effetti il cambiamento si affronta proprio così, cercando di capire le paure che bloccano le persone e, conseguentemente, trovando risposte rassicuranti e dimostrandole con i fatti Infatti, devo dire che i vostri interventi sono sempre stati sensati. Portavate degli esempi ma poi li adattavate sempre alla nostra realtà. Non ho mai percepito un utilizzo ideologico della metodologia, anzi semmai è stato l’esatto opposto. Un grande impegno per comprendere i nostri processi, mantenere tutto quello che c’era già di buono e una grande volontà di spingere il miglioramento dove effettivamente necessario. Non dimentichiamoci di un altro aspetto critico ai nostri giorni: il fattore tempo. OPTA è stata in grado di calibrare la velocità del cambiamento sulla base della nostra capacità di ricezione e reazione. Dopo ormai quattro anni di collaborazione sarebbe interessante una sua riflessione su quale sia il modo migliore di utilizzare la consulenza. Nel corso di questa collaborazione abbiamo parlato più di una volta dell’importanza di instaurare un rapporto sano, ma esattamente cosa significa questo dal suo punto di vista? Quando scelgo un partner devo partire dall’idea che il rapporto non può essere di breve periodo. Ecco perché è importante il percorso di selezione, dato che risolto un problema ne dovremo affrontare degli altri sempre più importanti e questo non si può fare se il rapporto con il partner non è sano. Nel nostro caso abbiamo accettato che OPTA facesse la sua analisi iniziale in modo da avere la visione più completa possibile. Poi, sui problemi evidenziati, abbiamo definito le priorità, affrontandoli uno alla volta e dimostrando, con i fatti, i miglioramenti ottenuti. Questo aveva un duplice effetto; da una parte garantiva il superamento o l’eliminazione del problema, dall’altra influenzava positivamente l’approccio al cambiamento in tutta l’azienda. è stato importante lavorare per obiettivi circoscritti e incrementali così che le persone potessero apprezzare anche nel breve periodo piccoli ma significativi cambiamenti che si sono pian piano accumulati e sono diventati una nuova modalità di lavorare. Mi ha colpito quando ha ricordato che all’inizio era un po’ dubbioso, si ricorda qualcosa in particolare che l’ha aiutata a dissolvere questi dubbi? Più che miei, i dubbi erano dei miei collaboratori; il grande pregiudizio era legato a frasi del tipo “ma loro non fanno irrigatori, come possono aiutarci a farli meglio”. In realtà la consulenza deve preparati a livello tattico, non è richiesto il sapere fare gli irrigatori. Inoltre, c’era il timore che non si tenesse conto delle nostre specificità, insomma avevamo un po’ paura dell’effetto “colonizzazione” ma, come detto, questo non è assolutamente avvenuto. Non vorrei far passare una visione troppo poetica ma devo dire che OPTA è stata brava a organizzare il progetto facendo in modo che tutti fossero operativi, verificando cosa non andasse e perché, cosa poteva essere successo. In questo modo e pian piano i comportamenti da parte di tutte le persone coinvolte si sono allineati. Solitamente uno dei rischi che corrono le aziende è legato alla progressiva fuoriuscita dei consulenti al raggiungimento degli obiettivi. Terminata la spinta propulsiva della società di consulenza c’è sempre il rischio che l’azienda torni sui suoi passi. Quali le accortezze da prendere per mantenere lo stimolo e continuare a migliorare? Il percorso verso l’eccellenza non finisce mai, raggiunto un gradino bisogna affrontare quello successivo. Il segreto è affrontare i problemi come un’occasione di crescita sia professionale che personale. Inoltre, è necessario lavorare per consolidare il cambiamento perché questo significa che le persone avranno cambiato il loro modo di pensare cancellando la possibilità di tornare indietro. Nel momento in cui i nostri collaboratori hanno constatato che lavorare secondo le nuove modalità fosse meglio e più soddisfacente abbiamo innescato l’autostima individuale che è diventata poi autostima collettiva. La differenza tra un’azienda che vince nel lungo periodo e una che alterna momenti buoni a momenti meno buoni è rappresentata dalla capacità delle persone di dare di più in maniera volontaria, non accampando scuse di fronte ai problemi, ma spingendo loro stesse per un ulteriore miglioramento. Veniamo da due anni particolarmente difficili dove, soprattutto all’inizio della pandemia, molte aziende hanno bloccato gli investimenti in attività di miglioramento. OCMIS come si è comportata al riguardo? Nel corso del 2020 la situazione pandemica è stata drammatica. Ci siamo organizzati con tutte le procedure di sicurezza e prevenzione adattandoci alle regole imposte e siamo riusciti ad arrivare a luglio 2020 senza grossi problemi facendo una eccellente campagna. Non ci siamo fermati ma ci siamo adattati e siamo ripartiti, tant’è che gli anni 2020-2021 sono stati estremamente positivi: è cresciuto il fatturato oltre che la nostra quota di mercato. Grazie al lavoro fatto con OPTA, abbiamo potuto usare la capacità produttiva a “fisarmonica” senza fare dei guai. Questo ci ha permesso di acquisire più ordini del solito grazie a una struttura più consolidata nella programmazione; finalmente i commerciali e gli addetti agli acquisti si parlavano; questo ci ha permesso di crescere. Avevamo costruito una buona base per farlo, in primis la messa sotto controllo del problema dei mancanti per la produzione standard. Di una cosa sono certo, se avessimo dovuto gestire questo difficile periodo con le precedenti modalità di gestione dei processi saremmo sicuramente implosi causando un danno indicibile all’azienda. Ultima domanda: viviamo in tempi difficili: prima la pandemia, la crisi finanziaria perenne, ora la guerra. Lei che oltre alla carriera manageriale è anche uno scrittore, che lezione può suggerire a chi deve condurre un’azienda in questi mari così tormentati? Tra poco uscirà il mio ultimo libro che cerca di veicolare il messaggio che chi guida un’azienda ha una triplice responsabilità: verso gli azionisti, verso la comunità ospitante e, prima di tutto, verso sé stesso. Finché abbiamo questo ruolo, abbiamo la responsabilità verso noi stessi di mantenere un buon equilibrio psicofisico e avere sempre l’ossessione di chiederci dove saremo tra quattro/cinque anni per fare meglio dei concorrenti, soprattutto quando si è leader di mercato. Noi siamo contentissimi delle nostre performance ottenute anche grazie al vostro contributo e continueremo a perseguire alcune direttrici di sviluppo molto chiare:
    1. passare da azienda esportatrice ad azienda internazionalizzata: oltre i prodotti nel mondo dobbiamo avere la testa nel mondo!
    2. diventare partner globale dell’irrigazione, quindi intervenire sulla gamma dei prodotti che possono sembrare collaterali ma che possono diventare importanti o strategici
    3. integrarci a valle nella catena del valore e irrobustire il rapporto con i distributori
    4. irrigation as a service”: cioè attraverso il processo della digitalizzazione noi saremo in grado di offrire un servizio e non più un prodotto. Quindi in futuro un’azienda come la nostra non assumerà solo ingegneri ma anche laureati in agraria, perché sarà sempre più importante comprendere dove quel prodotto verrà utilizzato e applicato.
Ultima domanda: viviamo in tempi difficili: prima la pandemia, la crisi finanziaria perenne, ora la guerra. Lei che oltre alla carriera manageriale è anche uno scrittore, che lezione può suggerire a chi deve condurre un’azienda in questi mari così tormentati? Tra poco uscirà il mio ultimo libro che cerca di veicolare il messaggio che chi guida un’azienda ha una triplice responsabilità: verso gli azionisti, verso la comunità ospitante e, prima di tutto, verso sé stesso. Finché abbiamo questo ruolo, abbiamo la responsabilità verso noi stessi di mantenere un buon equilibrio psicofisico e avere sempre l’ossessione di chiederci dove saremo tra quattro/cinque anni per fare meglio dei concorrenti, soprattutto quando si è leader di mercato. Noi siamo contentissimi delle nostre performance ottenute anche grazie al vostro contributo e continueremo a perseguire alcune direttrici di sviluppo molto chiare:
    1. passare da azienda esportatrice ad azienda internazionalizzata: oltre i prodotti nel mondo dobbiamo avere la testa nel mondo!
    2. diventare partner globale dell’irrigazione, quindi intervenire sulla gamma dei prodotti che possono sembrare collaterali ma che possono diventare importanti o strategici
    3. integrarci a valle nella catena del valore e irrobustire il rapporto con i distributori
    4. irrigation as a service”: cioè attraverso il processo della digitalizzazione noi saremo in grado di offrire un servizio e non più un prodotto. Quindi in futuro un’azienda come la nostra non assumerà solo ingegneri ma anche laureati in agraria, perché sarà sempre più importante comprendere dove quel prodotto verrà utilizzato e applicato.
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